Il cervello umano è un business in crescita

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IN BREVE

  • Dalla cura delle malattie al potenziamento cognitivo, il cervello umano rappresenta un grande business con investimenti crescenti e ottime prospettive.
  • Parliamo di un giro d’affari che si prevede raggiungerà i 412,53 miliardi di dollari entro il 2032.
  • Nonostante studi, ricerche e sviluppi tecnologici siano in continuo aumento, i guadagni delle neuroscienze non sono noti ai più.
  • Quando investiamo è importante aver consapevolezza di alcuni fondamentali processi mentali per evitare di cadere nelle trappole che noi stessi disseminiamo sul nostro cammino e che influenzano le nostre decisioni.

Giochi di brain training, strumenti di realtà virtuale, dispositivi di “neurofeedback” e applicazioni per il mobile che migliorano la memoria, l’attenzione, la risoluzione dei problemi e altre abilità cognitive: il mercato globale del supporto digitale alla salute della nostra mente aveva un valore stimato pari a 199,97 miliardi di dollari nel 2022 e si prevede che raggiungerà i 412,53 miliardi di dollari entro il 20321, con una crescita percentuale media del +7,51% tra il 2023 e il 2032 .

Il mercato digitale della salute del cervello ha guadagnato un’attenzione importante per via del crescente riscontro di disturbi neurologici e altre delicate condizioni: Alzheimer, Parkinson, depressione, ansia, ADHD. Gli strumenti digitali possono offrire soluzioni pratiche ed economiche per mantenere o migliorare la salute e le prestazioni cognitive.
Tante volte c’è però chi magari ci marcia e spaccia alcuni ritrovati come metodi “infallibili” per aiutare la nostra mente a esprimere tutto il suo potenziale. Ma è proprio così? C’è per caso del potenziale che la nostra mente non riesce ancora a esprimere?

Migliorare le prestazioni cognitive: cosa significa?

C’è un’antica convinzione, che fatica a morire nonostante le evidenze scientifiche, secondo la quale la maggior parte delle persone utilizza solo il 10% delle sue capacità cerebrali. È proprio così? C’è davvero un 90% di cervello che la maggior parte di noi Sapiens, oggi, non utilizza e invece potrebbe? No, è un falso mito. Ma bisogna ammetterlo: l’idea è seducente e ancora oggi buona a vendere soluzioni per il presunto “potenziamento personale” o per il “miglioramento individuale”.
E invece no: quella del cervello usato solo in minima parte è una vecchia teoria che la scienza ha già largamente smentito. La visualizzazione del cervello attraverso le tecniche di brain imaging, infatti, non evidenzia aree non ancora “colonizzate”. Usiamo già ogni parte del nostro cervello, persino quando dormiamo: in alcuni momenti più intensamente, in altri meno, ma, appunto, non esistono aree “assopite” che aspettano di essere messe in moto.
Non dobbiamo rattristarcene: il nostro cervello è una macchina affascinante e complessa, formatasi nel corso di centinaia di migliaia di anni di evoluzione, e ogni sua area risponde a una funzione specifica. Tanto da avere, nel tempo, dato adito ad altre interessanti teorie.

Dal mito del 90% inutilizzato alla “teoria dei tre cervelli”

Nella seconda metà del secolo scorso, il neuroscienziato Paul Donald MacLean formulò quella che poi sarebbe giunta alla ribalta come “teoria dei tre cervelli”, anche nota come “teoria del cervello tripartito” o “trino”. In sostanza, MacLean mise a fuoco tre “livelli”, ognuno dei quali dotato di una specifica funzione. Tre strati che si sarebbero depositati in fasi successive dentro la nostra scatola cranica nel corso del nostro lungo cammino evolutivo, durante il quale il nostro cervello sarebbe andato progressivamente maturando funzioni via via più complesse.
Quali erano i tre strati ipotizzati da MacLean?

Cervello rettiliano, primo in ordine di comparsa secondo la teoria e quindi il più profondo in termini anatomici: governa le nostre più istintive mosse per la sopravvivenza.
Cervello mammaliano, il secondo strato, con un’articolata infrastruttura emozionale, che ci guida nelle relazioni affettive e sociali.
Neocorteccia: rielaborazione dei dati, progettualità creativa, pensiero astratto, formulazione etica e morale sono tutte le “app” che popolano questo incredibile sistema operativo.

Il divulgatore scientifico Massimo Polidoro, autore del libro “La scienza dell’incredibile”2, mette in chiaro che “ora non si ritiene più che il cervello si sia evoluto accumulando uno strato sopra l’altro di materia grigia, come diceva MacLean, visto che tutti i mammiferi sono dotati di neocorteccia e anche i vertebrati, compresi rettili, uccelli, anfibi e pesci, hanno una qualche forma di corteccia. È più probabile, in accordo con la teoria dell’evoluzione, che le strutture biologiche più recenti siano versioni modificate di strutture più antiche”.

Aree del cervello umano e relative funzioni: chi gestisce gli investimenti?

Resta però fermo il fatto che ogni area ha una sua funzione. A chi spetta la gestione degli investimenti? Appena una decina di anni fa, alcuni ricercatori del Centro di Ricerca in Epistemologia Sperimentale e Applicata (CRESA)3 indagarono il meccanismo della cosiddetta “loss aversion”, o avversione alle perdite, individuandone la responsabile nell’amigdala.
Questa parte del nostro cervello attiva un’anticipazione del dolore per le possibili perdite derivanti da una scelta. L’amigdala, infatti, è il centro della paura e dell’ansia, il che vuol dire che è stata importantissima nel nostro lontano passato: consentendoci di anticipare il dolore, ci evitava il rischio di fare scelte azzardate che potevano magari costarci la pelle. La natura, quindi, ha installato nel nostro sistema operativo il software “prudenza”. In riferimento alla loss aversion, ciò fa sì che le perdite pesino sul nostro meccanismo di anticipazione più del doppio delle vincite, spingendoci alla prudenza anche quando questa è del tutto controproducente.
E questo spiega per esempio come mai, nonostante nel lungo periodo l’azionario USA abbia dimostrato di rendere ben più dei titoli di Stato decennali, la maggioranza degli investitori abbia continuato a puntare proprio su questi ultimi.

Usare il 100% del nostro cervello per investire correttamente? Si può

Ma attenzione: utilizzare il 100% del proprio cervello quando si investe non vuol dire rispolverare l’ormai obsoleto Homo oeconomicus, un essere totalmente razionale e capace di lucida ponderazione; significa semmai prendere consapevolezza dell’esistenza dei meccanismi di ogni area del nostro prezioso cervello per sfruttarne gli input più funzionali e disinnescare invece i più ingiustificati. Con l’aiuto e la guida di una consulenza finanziaria professionale possiamo investire con metodo, evitando di cadere nelle trappole che noi stessi a volte ci tendiamo a causa proprio del funzionamento del nostro cervello.


1https://www.precedenceresearch.com/digital-brain-health-market
2https://www.lafeltrinelli.it/scienza-dell-incredibile-come-si-libro-massimo-polidoro/e/9788807091759
3https://www.cresa.eu/wp-content/uploads/2013/09/Canessa-Motterlini-et-al.-2013-The-Functional-and-Structural-Neural-Basis-of-Individual-Differences-in-Loss-Aversion.pdf

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