Grande recessione? Ecco perché gli allarmismi si stanno ridimensionando

Contenuto elaborato da Financialounge per Fineco Bank

Giorno dopo giorno la grande recessione tanto annunciata sembra sempre meno una certezza. Basandosi sui dati di autorevoli case d’investimento e delle stesse banche centrali potremmo trovarci di fronte a un rallentamento dell’economia ma non nelle proporzioni da tanti prospettate. E alcuni investitori di lungo periodo stanno già approfittando della particolare combinazione di aspettative di recessione eccessive e prezzi azionari a sconto

Anche con il nuovo anno viviamo un momento difficile con l’inflazione ai massimi da 40 anni e i tassi di interesse in brusco e sensibile aumento da 12 mesi. In questa situazione già complessa si è innescato negli ultimi mesi un ulteriore forte elemento di disturbo: la recessione.
Da settimane analisti, economisti e media non perdono occasione per annunciare che sta per arrivare una forte recessione e, in alcuni casi, addirittura una stagflazione. Nel primo caso si tratta di un periodo – di solito di almeno due trimestri – in cui la ricchezza economica (misurata tramite il PIL, prodotto interno lordo) scende rispetto al periodo precedente. Si ha invece una stagflazione quando sono presenti in contemporanea ondate inflazionistiche e stagnazione economica, ovvero la mancata crescita del PIL.

I dati a disposizione stanno facendo variare le opinioni

Siamo sicuri però che, chi parla di grande recessione in arrivo, abbia ragione? Il dubbio è più che legittimo alla luce dei tanti segnali di tutt’altra natura. Il primo dei quali riguarda l’economia statunitense a cominciare dal mercato del lavoro. A dicembre, sono stati creati 223mila posti di lavoro in più, rispetto a novembre, contro un’attesa di 200mila posti. Le offerte di lavoro hanno oscillato per tutto il 2022 in un trading range sostenuto, senza scendere sui livelli 2018-2020.

Come evidenziato nel grafico in apertura, per quanto riguarda invece gli indici PMI manifatturieri USA, se è vero che a dicembre hanno segnato un livello di 46,20 (in contrazione rispetto al 47,7 di novembre), quindi inferiore a 50, che indica lo spartiacque tra rallentamento (al di sotto di 50) e crescita (sopra 50), è altrettanto vero che le previsioni indicano una ripartenza piuttosto sostenuta nei prossimi 12-18 mesi.

In Cina è finita la politica “zero Covid”

Una seconda evidenza riguarda la Cina. Pur tra mille vicissitudini, il colosso asiatico sta gradualmente riaprendo e, sebbene non si possa escludere ancora una fase di stop and go, la tendenza del governo di Pechino sembra ormai quella di riavviare le attività. Se la Cina riapre a pieno regime ci potrebbe essere addirittura il problema opposto, ovvero un’accelerazione dell’economia globale con la domanda di petrolio e gas che potrebbe spingere al rialzo i prezzi nell’inverno 2023.

Il parere degli analisti

E poi parliamo dei pareri autorevoli sull’entità della recessione. Come quello espresso da Goldman Sachs che, dopo aver dichiarato che la possibilità di una recessione 2023 negli USA è stimata al 35% e che dovrebbe comunque essere transitoria e non profonda, ha di recente fatto sapere che non si aspetta nessuna frenata economica in Europa. La banca d'affari statunitense ha infatti sensibilmente migliorato la propria stima sull’economia dell'Eurozona nel 2023, prevedendo ora una crescita dello 0,6% per l'anno in corso.
Sullo stesso piano un report dello scorso 11 gennaio di Morgan Stanley (ECB Surveys: Risks Around Our Macro Forecasts) in cui la banca d’affari prevede una crescita leggermente positiva del PIL nel 2023 dell’area dell’euro, grazie all’impatto meno negativo di quanto temuto in precedenza della crisi energetica.
La stessa BCE ricorda come, secondo le proiezioni macroeconomiche formulate a dicembre 2022 dagli esperti dell'Eurosistema, una eventuale recessione sarebbe "relativamente breve e di lieve entità". Nel 2023 le previsioni parlano di una crescita dell'area euro che dovrebbe essere contenuta per poi far segnare una ripresa nel 2024 e 2025.

Continua la lotta all’inflazione

La Federal Reserve (FED) statunitense, dal canto suo, non solo dice che non ci sarà alcuna grande recessione, ma aggiunge che un rallentamento contenuto delle attività è salutare per l’economia per smaltire al meglio gli eccessi. Calmierare i prezzi e frenare il vero nemico di famiglie e imprese cioè l’inflazione, la cui crescita in USA a dicembre si è attestata al 6,5% su base annua, inferiore al +7,1% del mese precedente e uguale al +6,5% atteso dal mercato, consente di ripartire più forte e in modo più sostenibile.

Le Borse si preparano da tempo

Non è certo da trascurare il fatto che questa recessione sarà la più annunciata e la meno imprevista degli ultimi 20 anni. In previsione di essa i mercati hanno un posizionamento in questa fase a livello globale molto scarico di asset finanziari di rischio, e di azioni in particolare. Un aspetto che aiuta a spiegare come mai l’S&P 500 di Wall Street, l’indice a cui fanno riferimento le principali Piazze finanziarie internazionali, non appena si allontana dai 4.000 punti tenda quasi immediatamente a recuperali. Un livello che, sebbene sia abbondantemente sopra i minimi di ottobre, resta ancora 18 punti percentuali sotto il massimo storico di 4.818 punti del gennaio 2022.

Insomma, c’è il sospetto che alcuni investitori di lungo periodo, approfittino di questa particolare combinazione (aspettative di recessione forse eccessive e prezzi azionari a sconto) per adottare una strategia metodica di accumulo “tipo PAC”. Un approccio che consiste nel comperare, senza eccessi, ogni volta che il mercato corregge di qualche punto percentuale in occasione delle riunioni delle banche centrali, quando i mercati amplificano le implicazioni degli impatti sull’economia delle politiche monetarie restrittive.
Se ci fosse davvero la preoccupazione per una forte recessione alle porte sarebbe difficile vedere acquisti massicci sul mercato quando l’S&P 500 scivola a quota 3.800 o 3.700 punti: al contrario si stanno moltiplicando gli episodi in cui, da quei livelli, l’indice azionario statunitense recupera per riposizionarsi in area 4.000.

Paola d’ordine: pianificazione

Giorno dopo giorno la grande recessione tanto annunciata sembra tutt’altro che una certezza. Basandosi sui dati di autorevoli case d’investimento e delle stesse banche centrali potremmo trovarci di fronte a un salutare rallentamento dell’economia, in un contesto di prezzi al consumo meno impetuosi e di politiche monetarie a mano a mano sempre meno restrittive. I toni allarmistici appaiono davvero esagerati e non devono scompaginare i nostri piani di investimento.