“Mi serve aiuto”: la generazione Boomerang

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IN BREVE

  • Condizioni economiche e mercato del lavoro: i figli non riescono a rendersi indipendenti.
  • Ecco perché le famiglie devono continuare a sostenerli anche da adulti (e magari sposati).
  • Se non ci si pensa per tempo, aiutare i figli può essere complicato.

Se i genitori sono boomer, i figli sono boomerang. Sì, perché dopo che si sono lanciati nella vita, magari anche trovando un lavoro adeguato agli studi, tornano indietro, proprio come boomerang. Perché tornano indietro? Per chiedere soldi. E non si tratta della “paghetta” dei teenager per la pizza con gli amichetti, no: qui si tratta del mantenimento dei figli in età anche avanzata. In alcuni casi per i genitori boomer si potrebbe parlare di “fine paghetta mai”.

Negli Stati Uniti ormai i genitori utilizzano le proprie finanze per aiutare i figli anche da adulti. Secondo una recente ricerca della società americana di informazione finanziaria Bankrate il 68% delle madri e dei padri americani presta loro assistenza finanziaria usando i propri risparmi. Nel 43% dei casi usa quelli per la pensione, nel 51% i soldi messi da parte, in modo molto lungimirante, in un Emergency Fund che in Usa è una tradizione costruire nel corso della vita proprio per le emergenze. In un altro 49% dei casi i genitori usano le risorse che dovrebbero servire per pagare i debiti (ad esempio un mutuo) per sostenere finanziariamente i figli boomerang. E qui casca il paradosso che consiste in questo: i genitori sospendono le rate del proprio mutuo (o lo rinegoziano allungandone la scadenza) per pagare il mutuo dei figli. Secondo il centro di ricerca Pew Research i giovani tra 18 e 24 anni con un mutuo per la casa hanno mediamente un debito di 117mila dollari, mentre quello dei coetanei di 30 anni fa, cioè i loro genitori, era di 39.367, calcolati in dollari di oggi. Anche i 25-29enni e i 29-34enni se la cavano peggio di chi li ha preceduti, nel loro caso il debito è rispettivamente di 165mila e di 190mila dollari, contro i 105.671 e i 120.174 pagati da chi era nella loro situazione nei primi anni ’90.

Torniamo in Italia

E l’Italia? Nessun Paese ha dei figli boomerang più boomerang dei nostri perché in pochi Paesi i giovani sono in condizioni economiche strutturali così fragili da rendere necessaria l’assistenza da parte dei genitori dalla giovane età fino, a volte, a tutta la durata in vita dei padri e delle madri.
Si comincia con la paghetta, che secondo Doxa, che ha raccolto i dati per il rapporto Edufin 2023, viene data regolarmente o saltuariamente dall’80,5% delle famiglie. E a quanto ammonta? In base alle indagini di mUp Research e Norstat i ragazzi tra i 15 e i 18 incassano mediamente 70 euro al mese, 850 euro l’anno. Praticamente ogni mese passano di mano, dai boomer ai boomerang, 150 milioni di euro, ovvero 1,8 miliardi l’anno, senza contare le occasioni straordinarie come Natale, compleanni, promozioni, ecc… È un trasferimento di denaro che va soprattutto in consumi, ma rappresenta solo l’inizio di una serie di flussi che saranno poi molto più imponenti perché dovranno coprire ben altre spese. Per esempio serviranno a pagare gli affitti dei figli che studiano in un’università fuori sede e a soddisfare le esigenze quotidiane di persone ormai adulte che però hanno entrate insufficienti, o non ne hanno affatto.
E tra quelli che non ne hanno affatto la categoria di boomerang più costosa è quella dei Neet (Not in Education, Employment or Training), quelli che non studiano, né lavorano, neanche come apprendisti o stagisti. Sono il 20,8% di quanti hanno tra i 15 e i 34 anni, ovvero 11 milioni e 961mila persone. Tra i 18 e i 24 anni, invece, sono il 19,9% della popolazione: ci supera solo la Romania, mentre la media europea è del 12,4%. Nei Paesi Bassi siamo al 3,8%, in Svezia al 6,9%, in Germania all’8,5%. Ma anche Spagna e Francia, pur più simili a noi come modello economico e familiare, hanno dati migliori, rispettivamente il 13,5% e il 13,6%.
Ecco perché, mammismo a parte (il 70,5% di 18-34enni italiani vivono in casa con i genitori), è proprio in Italia che il sostegno finanziario dei figli si protrae più a lungo: proprio perché da noi ci sono una marea di giovani che non lavorano e se lavorano hanno paghe troppo basse per permettersi la vita che avevano i genitori quando avevano la loro età.

Studia e poi diventi Neet

Questa assistenza sarà necessaria anche per molte di quelle famiglie e per molti di quei giovani che hanno puntato sull’istruzione come garanzia di sicurezza e indipendenza economica. Che, chiariamo, funziona, perché chi si laurea ha mediamente uno stipendio più alto di chi non lo fa, ma i dati ci dicono anche che persino tra chi ha preso un titolo universitario c’è un 13% di Neet nel nostro Paese, un dato anche in questo caso molto più alto di quello medio europeo, 7,9% o di quello tedesco, 5,7%.
E se i figli, invece, riescono a trovare un impiego e, anzi, vanno a lavorare addirittura da minorenni? I numeri dell’Agenzia delle Entrate, per quanto necessariamente lacunosi, ci mostrano grandi differenze tra il reddito medio di chi denuncia dei guadagni prima dei 25 anni, appena 6.964 euro annui, e quello di chi ha tra i 45 e i 64 anni, 26.827 euro. Cioè: solo il 7,4% degli under 25 ha un reddito superiore a 20mila annui.
Ma ammettiamo che, con encomiabile sprezzo del pericolo, due ragazzi decidano di sposarsi e di mettere su famiglia e ammettiamo che, con un coraggio degno di una medaglia al valore civile, lo facciano prima dei 35 anni. Beh… restano dei boomerang: come si vede nell’infografica all’inizio secondo l’Istat le famiglie composte da persone giovani (under 35) hanno un reddito netto annuo di 29.866 euro, contro i 40.012 euro delle famiglie con la persona di riferimento tra i 55-64enni, ovvero i loro padri e le loro madri.
È un dislivello in parte causato dal fatto che i nuclei giovani sono più piccoli, in parte da una differenza salariale rimasta costante nel tempo: era mediamente di circa 10mila euro anche venti anni fa ed è maggiore proprio nell’area più ricca del Paese, al Nord, soprattutto nel Nord-Est.
Ma quello che è cambiato oggi è che anche se tutti e due i componenti della famiglia fossero laureati e avessero un impiego, guadagnerebbero comunque troppo poco per concedersi una vita finanziariamente se non serena almeno tranquilla. Secondo Almalaurea nel 2008, prima della crisi finanziaria, a un anno dalla laurea specialistica la retribuzione netta mensile era di 1.178 euro, nel 2022 è diventata di 1.366 euro. Si tratta di un incremento del 16% che sembra tanto, ma che invece è pochissimo perché nel frattempo l’aumento dell’inflazione è stato del 22%.
Anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e della conseguente crescita delle spese per pensioni e sanità, non si vedono all’orizzonte misure di welfare significative a favore di chi ha meno di 50 anni e questo significa che l’intervento delle famiglie sarà sempre necessario; programmare per tempo questo flusso di denaro è fondamentale per evitare che qualche boomerang colpisca alla nuca qualche malcapitato boomer e lo tramortisca di bonifici.