Dividendi: piacciono, crescono e servono

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IN BREVE

  • Nel 2023 la remunerazione delle aziende ai soci è cresciuta molto, soprattutto in Italia.
  • Beneficiano della naturale diversificazione di un mercato che sa auto-compensarsi.
  • I dividendi danno stabilità all’investimento, perché sono “fissi” anche nei momenti di crisi.

Ascolta l'articolo (audio a cura di Fineconomy)

Ve ne siete accorti? Sulle teste delle persone che hanno investito i propri risparmi, l’anno scorso sono piovuti 18,5 miliardi di euro in dividendi, il 17,9% in più rispetto all’anno precedente, il 23,3% in più considerando anche le distribuzioni straordinarie e misurando i dati in dollari, cosa che dobbiamo fare se vogliamo confrontarli con quelli del resto del mondo. In tale modo i dividendi arrivano a 20,1 miliardi. In poche parole: le società quotate in Italia hanno fatto molto ma molto meglio di quelle del resto del mondo. Infatti i dividendi distribuiti dalle maggiori società del pianeta sono stati addirittura 1.655 miliardi di dollari, in crescita del 5,6% sul 2022 (5% non considerando gli effetti del cambio e i dividendi straordinari) e di ben il 126,7% in 14 anni, dal 2009.

È quest’ultimo dato quello da considerare, perché chiarisce il motivo per cui la performance italiana, molto migliore della media, abbia rappresentato un punto di svolta. Prima del 2022, infatti, i dividendi delle nostre aziende, al contrario di quelli delle altre, non erano di fatto aumentati, rimanendo all’incirca sulle stesse cifre: due anni fa, infatti, non andavano oltre i 16,2 miliardi di dollari, persino meno dei 16,6 del 2009. Questo significa che chi ha scelto di investire in strumenti finanziari che hanno come obiettivo quello di sostenere la crescita delle aziende italiane ha ottenuto risultati straordinari, soprattutto se ha deciso di reinvestire i dividendi ottenuti mantenendoli in portafoglio. Non solo: questi numeri rappresentano un’ulteriore conferma del valore della diversificazione che perlomeno in Italia viene praticata troppo poco. E i dividendi sono un ottimo strumento per metterla in pratica in modo intelligente.

Il traino dei dividendi delle banche, soprattutto in Italia

Lo stesso discorso vale per gli investitori continentali: in Europa (Regno Unito escluso) i dividendi sono aumentati del 17,6% (10,4%, senza quelli straordinari e gli effetti del cambio), grazie soprattutto agli ottimi dati di Germania, +22,5%, e Spagna, che ha fatto ancora meglio di noi, mettendo a segno un +29,2%. Si tratta di crescite superiori all’inflazione e a quelle registrate in Nord America, +5,2%, in Giappone, +7,6%, e nei mercati emergenti, +8%. Tuttavia se guardiamo a un orizzonte molto più ampio, dal 2009, i numeri sono molto diversi e ovviamente migliori di quelli italiani: negli Usa in 14 anni i dividendi sono passati da 202,7 a 602,1 miliardi di dollari, +197%, in Giappone da 36,1 a 78,9 miliardi, +118,6%, in Cina da 9,9 a 52,3 miliardi, +428,3%.

La ragione di questo rally così intenso in particolare in alcune aree nel 2023? L’ottimo stato di salute delle banche, che a livello globale sono state responsabili del 50% dell’incremento dei dividendi, grazie a un incremento dei propri utili dovuto a sua volta all’aumento dei tassi di interesse. In Italia il ruolo del settore bancario è stato ancora maggiore, è da qui che viene il 75% della loro crescita. Ha avuto importanza anche il comparto automotive, che nel mondo è stato responsabile del 12,5% dei dividendi in più. Assieme al settore dei servizi di ingegneria, a quello dei software, agli alimentari ha compensato i tagli del settore minerario e dei metalli, che hanno sofferto la fine di quegli incrementi dei prezzi che avevano caratterizzato l’uscita dall’emergenza Covid.

I legami tra i movimenti dei dividendi

Le ragioni sono molte. Innanzitutto, può apparire banale, ma non lo è, esattamente come per tutto il mondo dell’azionario c’è la possibilità di spostarsi con flessibilità su quelle aziende che in un certo momento stanno dando i dividendi più alti e li stanno aumentando, scegliendo in base a:

Settore: quello finanziario, per esempio, ha visto nel 2023 una crescita annuale dei dividendi dell’8%, mentre quello energetico un calo dello 0,2%, ma nel 2022, per la crescita delle tariffe di gas e petrolio, in quest’ultimo comparto c’era stato un incremento del 57,6%
Anno: nella nostra infografica sono evidenti i cambiamenti profondi che intercorrono da un anno all’altro: un’economia come quella italiana può offrire una crescita dei dividendi del 23,3% in un anno, come nel 2023, dopo una stagnazione che ha provocato tra 2009 e 2022 un calo dell’1,8%. Al contrario nel Regno Unito nel 2023 i dividendi sono scesi del 3,7% soprattutto per la discesa di quelli straordinari, ma nei 13 anni precedenti (2009-2022) c’era stato un incremento del 20,4%. Un esempio ancora più estremo è il Brasile, -40,5% nel 2023 a causa del taglio di Petrobras e + 219,3% nel 2009-2022
Paese: lo abbiamo visto, si può andare da una crescita del 71,7% in Indonesia, il più grande Paese emergente dopo Cina e India, a una del 29,2% in Spagna a un più moderato +4,7% negli Usa e, nello stesso anno, si possono avere riduzioni dei dividendi del 19,2% a Taiwan e del 35,2% in Belgio

Meglio ancora, quindi, è una strategia che includa nel proprio portafoglio di investimenti titoli azionari che offrano dividendi di imprese di tutti i Paesi, per investire nelle diverse velocità delle economie mondiali, e di tutti i settori. Anche perché, è giusto ricordarlo, il fatto che un anno i dividendi di un settore soffrano di una forte caduta, ma questa venga compensata dalla decisa ripresa di un altro non è solo “fortuna”. C’è uno stretto legame economico, per esempio, tra l’incremento degli utili delle aziende del settore energetico del 2022 e quelli del settore bancario del 2023: la crescita dei prezzi di petrolio e gas hanno provocato una forte inflazione che è stata contrastata con l’innalzamento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, cosa che poi ha naturalmente beneficiato il settore finanziario.

Allo stesso tempo le aziende più grandi, quelle quotate, grazie alla loro forza che le rende price maker, sono riuscite a imporre un aumento dei prezzi dei loro prodotti e servizi maggiore di quello dei costi di produzione, tra cui possiamo inserire anche i salari. È per questo motivo che hanno realizzato profitti (e dividendi) in crescita, come ha sottolineato nel 2023 anche la governatrice della Bce Christine Lagarde.

L’investitore che avesse diversificato acquistando sia azioni delle aziende energetiche sia quelle delle principali banche o delle imprese dell’automotive tra 2022 e 2023 avrebbe prima approfittato dell’incremento dei dividendi delle prime e poi compensato il loro calo (o stagnazione) con l’aumento di quelli delle seconde.

È però soprattutto un altro elemento che rende il ruolo dei dividendi particolarmente prezioso per gli investitori, soprattutto quelli che vogliono ampliare i propri portafogli al di là dei soliti titoli di Stato e del mattone, ma che sono attenti al rischio: è la loro funzione stabilizzatrice.

Secondo le analisi di Allianz il contributo dei dividendi alla variazione dell’indice MSCI Europe in un orizzonte di 5 anni è sempre stato positivo in tutti i quinquenni dal 1984 a oggi, anche quando le azioni subivano dei rovesci. Guardiamo come sempre ai numeri: tra il 2019 e il 2023 tale contributo è stato in media del 2,51% all’anno, tra il 2014 e il 2018 del 2,75%, tra il 2009 e il 2013 del 3,08%, mentre il 1999 e il 2003 e tra il 2004 e il 2008 è stato rispettivamente del 2,37% e del 2,59%. Questi due ultimi numeri sono molto indicativi perché si tratta di due quinquenni in cui invece il prezzo delle azioni dell’indice è sceso, e non di poco: è crollato del 7,79% all’anno tra il 1999 e il 2003, a causa dello scoppio della bolla dot com e poi del 4,02%, sempre all’anno, tra il 2004 e il 2008, per l’influenza della fine della bolla dei subprime. In sostanza le performance positive dei dividendi hanno in parte compensato quelle negative delle quotazioni delle azioni.

Il motivo è chiaro: le grandi corporation puntano a mantenere stabile il dividendo distribuito per trattenere l’investitore, per trasmettere una percezione di solidità, per comunicare che quel calo dei profitti che ha dato luogo alla riduzione della quotazione è solo temporaneo.

Ecco perché è conveniente comportarsi come un risparmiatore che abbia cominciato 40 anni fa a investire 25 euro dell’epoca ogni mese nello Stoxx600 (le maggiori aziende per capitalizzazione europee), li abbia aumentati di 5 euro ogni 10 anni e, soprattutto, abbia reinvestito nello stesso indice tutti i dividendi ricevuti. Con una spesa di 16.140 euro avrebbe ottenuto un ritorno di 75.491 euro. Se l’orizzonte fosse trentennale riceverebbe 30.842 euro, al netto di un investimento di 10.800, mentre in 20 anni il guadagno sarebbe di 13.437 con un esborso di 6.600 euro.

Questo grazie alla stabilità dei dividendi, che negli ultimi 20 anni in media si sono sempre mantenuti superiori al 2%. È accaduto anche negli anni in cui, a differenza che nel 2023, i profitti delle aziende sono stati in discesa, anche quando l’inflazione era quasi zero e, di conseguenza, i tassi dei titoli di Stato più sicuri (come i Bund tedeschi) erano negativi, mentre quelli delle obbligazioni delle aziende erano tra lo 0% e l’1%.
È per tale ragione che affidarsi ai dividendi di aziende di settori diversi tra loro può essere la scelta migliore per chi cerca sia buoni ritorni che solidità.